In questo periodo della mia vita professionale ho occasione di essere accolto da diverse aziende per parlare di formazione, in particolare di leadership e soft skills. Il termine competenze sociali, per quanto sia importante indicare le parole in italiano, evoca una dimensione piuttosto rigida e accademica, quando invece sarebbe utile promuovere queste competenze con molta naturalezza in tutti gli ambiti della vita.
Non sempre l’entusiasmo e l’intenzione di varcare la soglia di entrata di un’azienda trovano esito positivo. Qualora non vi sia un invito esplicito, alcune e-mail di presentazione finiscono nell’oblio della rete. Un cimitero di infiniti messaggi ignorati o dimenticati che non trovano spazio in nessuna forma di archeologia digitale.
Alcune settimane fa ho partecipato a un workshop (mentre la mente e le dita scorrono sulla tastiera cerco di individuare il termine in italiano) e a un tratto, durante un lavoro a gruppi, una persona con importanti ruoli dirigenziali si è lamentata del fatto di ricevere una media di 120 e-mail al giorno. Se la lettura con rispettiva risposta richiedesse anche solo tre minuti di media, la giornata lavorativa di questa manager si ridurrebbe unicamente alla gestione della posta elettronica!
Questo aneddoto da un lato mi ha permesso di essere maggiormente attento e consapevole sullo tsunami di informazioni quotidiane alle quali alcune persone sono sottoposte, dall’altro mi ha dato l’opportunità di mettere il cuore in pace nel momento in cui un’e-mail su questioni non urgenti non riceve risposta. Mosso dalle più lodevoli intenzioni di promuovere percorsi di crescita personale in un contesto di formazione aziendale ho vissuto momenti durante i quali mi è parso di gridare in un’enorme stanza buia. A tenermi compagnia c’era solo il sussurro dell’e-mail evaporata nell’indifferenza di infiniti messaggi.
Quando la mente inizia a dire: “cosa ci vuole a rispondere alla mia e-mail, un minuto al massimo?” la fabbrica mentale delle aspettative inizia a produrre frustrazione. E sono giunto alla conclusione che maggiore consapevolezza nel momento in cui si preme il tasto “invia” e cristallizzando le aspettative si evita di cadere nella trappola della disillusione.
Ma torniamo ai primi passi mossi nell’azienda che generosamente mi accoglie dedicandomi tempo e attenzione. Quando varco la porta d’entrata, l’apparato visivo raccoglie infiniti fotogrammi. Alcuni possono persino suscitare delle emozioni: solitamente positive e talvolta negative. Come e da chi vengo accolto? Dove sono invitato ad attendere? Come sono disposti i mobili? Le pareti sono spoglie, colorate, presentano diplomi sbiaditi, opere d’arte o frasi motivazionali? E così via.
Solitamente al primo incontro manifesto stupore alimentando la mia indole curiosa. Per intenderci a tratti mi pare di vedere il mondo con gli occhi di Alice nel Paese delle Meraviglie. Dopo alcuni minuti di attesa l’euforia iniziale cala e mi trovo combattuto con l’idea di prendere il cellulare e controllare le notifiche. Il più delle volte, mentre sto per estrarre lo smartphone, appare la persona che occupa la posizione di responsabile delle risorse umane. Termine che racchiude l’essenza e il perno di un’azienda: le persone.
Ed è qui che entra in gioco il tema centrale di questa riflessione. La persona che ho di fronte mi chiederà se gradisco un caffè o un bicchiere d’acqua? In caso affermativo quanto valore viene dato al caffè che viene servito? Si tratta di un’anonima capsula o, come proposto di recente da un amico che lavora nel settore, sarò invitato a prendere parte a un autentico rituale utilizzando un macinino in rame per percepire il movimento regolare della manovella che lentamente sprigiona l’aroma del chicco tostato?
La realtà è che a volte, presi dagli innumerevoli impegni dell’agenda lavorativa, ci dimentichiamo persino di offrire al nostro ospite un semplice bicchiere di acqua del rubinetto. Acqua, simbolo di vita e rinascita, gesto di profonda umanità, che su tutto il territorio nazionale possiamo bere da una fontana con enigmatiche incisioni rupestri situata in una valle sperduta, come pure in uno stabilimento industriale.
Parliamo e annaffiamo la conversazione con parole come leadership, valori, empatia e al contempo lasciamo l’interlocutore disidratato. Il mosaico delle soft skills è composto da infiniti tasselli: tra questi vi è anche quello del dono di un bicchiere d’acqua.
Se vi fossero dubbi di natura etica e morale sull’importanza di questo gesto, termino con una perla biblica di De André che nel brano Il pescatore ci insegna:
“Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva, ho sete, ho fame.”