“Immaginare il futuro è una prerogativa dell’essere umano. Che ha sempre guardato ad esso con ottimismo, nella speranza che possa regalarci soddisfazioni maggiori rispetto al presente. Ed è stato fondamentalmente questo innato ottimismo a guidare l’umanità durante la sua fase di crescita, il suo sviluppo e il progresso.” Si apre così un interessante articolo del giornalista Luca Guarnieri pubblicato il 12 febbraio 2021 sul Corriere del Ticino.
Questo ottimismo, che non segue le logiche delle carte fedeltà dei supermercati e che dobbiamo stare attenti a non perdere per strada, in termini sociali ed economici significa che non è conveniente premere sull’acceleratore acciecati dall’ossessione per la crescita. Siamo davvero consapevoli della rotta intrapresa e stiamo osservando lo scenario che abbiamo di fronte?
Guerre, catastrofi e carestie sono all’ordine del giorno e ci sono sempre state. Ahinoi, questo è ovvio. Eppure, la fotografia attuale dello stato di salute del pianeta a tratti appare apocalittica. Persino un visionario come lo scrittore statunitense Huxley, forse il massimo interprete degli scenari distopici, resterebbe a bocca aperta su quanto stiamo osservando e vivendo.
Esagero? Non credo.
Le guerre alle porte di casa e nella culla della nostra civiltà dovrebbero farci riflettere sui valori fondamentali dell’umanità. Con le tecnologie della comunicazione che offrono una realtà in presa diretta e sistemi di messaggistica deregolamentati, stiamo per arrivare al punto di assistere con l’empatia di un sociopatico alle urla strazianti di dolore delle vittime intrappolate tra le macerie. E invece di essere inorriditi di fronte all’orrore e alle barbarie, l’abitudine quotidiana ai bombardamenti digitali di immagini cruente e l’anestesia emotiva ci assopiscono il coraggio di fermarci e gridare “basta”!
Fermiamoci.
Non possiamo continuare a fare zapping sul pianeta in cerca di paradisi artificiali, magari creati con stampanti 3D, esplorati con la realtà aumentata e in compagnia del nostro avatar, dopo che ogni giorno i pezzi del puzzle di autentici paradisi naturali vanno persi per sempre. Per distrarci o per fuggire dalle nostre responsabilità, la dopamina offerta dall’illusione gratuita dei social media ci permette di sopravvivere posticipando qualsiasi inversione di marcia. Tra le fazioni di coloro che si incollano sulle strade o gettano vernice sulle opere d’arte e gli irriducibili negazionisti col megafono sull’urgenza climatica c’è la maggioranza della popolazione che alimenta un vuoto pneumatico talmente silenzioso che risulta altrettanto pericoloso.
Respiriamo.
L’intelligenza artificiale, per chi si fosse distratto un attimo, sta cambiando il mondo. Vogliamo utilizzarla con la spensieratezza di quando mangiamo i pop-corn al cinepanettone?
Formiamoci.
Tutto sta cambiando a una velocità che inizia persino a superare la nostra immaginazione. I flussi migratori, il disastro climatico, il saccheggio delle risorse naturali, l’escalation dei conflitti, le tensioni sociali, l’impotenza della politica e il fallimento delle grandi istituzioni mondiali. Una playlist persino più triste delle ballate metal scandinave.
Lo scenario a tratti apocalittico ci invita a riflettere su quali siano le prospettive e le sfide future nel mondo professionale. Perché questa è la cornice entro la quale scriviamo per questo periodico dando voce a messaggi di speranza.
Fermarsi è d’obbligo. Non siamo in un circuito automobilistico e dobbiamo prendere le distanze dall’architettura sociale del cinismo narrato in Squid Game. E dobbiamo anche respirare perché è il primo indicatore dello stato di salute dell’aria. È un processo naturale, spontaneo. E lo ripetiamo per circa 20’000 volte al giorno. Quanto siamo consapevoli mentre respiriamo e quanto coraggio abbiamo di fermarci e accogliere l’importanza di questo gesto innato per la salute della nostra psiche? Cerchiamo di respirare e non di soffocare d’ansia.
E perché dopo esserci fermati e aver fatto dei respiri consapevoli dovremmo formarci?
Perché senza formazione l’essere umano si condanna all’autodistruzione. L’essenza stessa della formazione è l’educazione, l’apprendimento, l’istruzione, il dialogo, la crescita personale. Il contrario delle immagini apocalittiche dipinte cinque secoli fa da Pieter Brugel e oggi più che mai attuali.
La formazione proposta nel mondo economico inizia a manifestare interesse per i future scenario planning. Anche la casa della formazione per eccellenza, ovvero la scuola, timidamente sembra accogliere una sensibilizzazione agli scenari del futuro.
Lungo questo viaggio possiamo trasformare la tristezza dei paesaggi iniziali in relazioni basate sulla fiducia e l’ottimismo.
Da dove iniziamo? Uno spunto ce lo offre ancora Huxley quando scrive:
“Volevo cambiare il mondo. Ma ho scoperto che la sola cosa che si può essere sicuri di cambiare è se stessi.”
Fermandosi, respirando e formandosi.